Legge privacy e minori
Minori e
diritto di cronaca: "Non basta celare il nome". Il Garante:
"Tutela rafforzata sempre. In caso di molestie sessuali, hanno
diritto a non rivivere i traumi subiti".
È vietata la diffusione di informazioni che, anche
indirettamente, permettano il riconoscimento di minori coinvolti
in fatti di cronaca, a maggior ragione quando abbiano subito
violenze o molestie sessuali. Renderli identificabili potrebbe
far loro rivivere in pubblico i traumi subiti e pregiudicarne
l’armonico sviluppo della personalità.
Lo ha ribadito
il Garante Privacy intervenuto a tutela di una donna e della sua
bambina che lamentavano la pubblicazione, su un settimanale
locale, di un articolo che dava notizia di un procedimento a
carico dell’ex convivente della donna, accusato di violenza e
molestie a danno proprio e della sua bambina.
Nell’articolo
non venivano citati i nomi di alcuna delle parti in causa, ma
erano specificati l’età della minore e degli altri soggetti
coinvolti, le iniziali del nome e del cognome e l’attività
lavorativa prestata dall’imputato, la posizione famigliare della
minore nonché l’esatta indicazione del paese di residenza.
La donna aveva
chiesto al periodico che non venissero pubblicate ulteriori
informazioni sulla vicenda. Non avendo ricevuto risposta, si era
rivolta al Garante.
In seguito
all’invito dell’Autorità di rispettare le richieste
dell’interessata, l’editore e il direttore avevano sostenuto la
legittimità del comportamento del settimanale che, a loro
avviso, aveva rispettato il principio dell’ “essenzialità
delle notizie riferite dall’articolista giornalista
nell’adempiere il proprio diritto di cronaca giudiziaria“.
Il Garante ha
stabilito, invece, che non è sufficiente celare il nome della
vittima per evitarne il riconoscimento. Esistono
informazioni collaterali che, se riferite, possono causare
un’equivalente identificazione. In particolare, l’indicazione
del comune di residenza delle due ha causato la loro
individuazione all’interno della cerchia di conoscenti e amici,
ledendo il loro diritto a non rivivere in pubblico i traumi
subiti.
L’Autorità
ha ribadito, inoltre, che il minore ha diritto ad una tutela
rafforzata. In primo luogo, ha ricordato il Garante, quando una
notizia permette il riconoscimento del minore deve prevalere il
diritto alla riservatezza, come stabilito dall’articolo 7 del
codice di deontologia sul trattamento dei dati personali
nell’esercizio dell’attività giornalistica. A maggior ragione,
quando ci si trovi di fronte a casi di minori vittime di
molestie e violenze di natura sessuale. A ciò deve aggiungersi
quanto previsto da varie fonti, nazionali ed internazionali,
riguardo ai minori, al fine di non pregiudicarne l’armonico
sviluppo. Basti pensare alla Convenzione sui diritti del
fanciullo del 1989, alla Carta di Treviso, all’art. 13 del
d.p.r. 22 settembre 1988, n. 448 (che vieta la divulgazione di
notizie o immagini che permettano l’identificazione dei minori
coinvolti in procedimenti penali) esteso ad altri casi da due
articoli del Codice, all’art.734 bis del codice penale (che
vieta la divulgazione delle generalità di persona offesa da
violenza sessuale).
L’Autorità ha,
pertanto, vietato all’editore l’ulteriore diffusione di
informazioni idonee a identificare, anche indirettamente, della
bambina e ha posto a carico di quest’ultimo l’ammontare delle
spese e dei diritti del procedimento
dal sito
ODG.mi.it - Il portale dell'Ordine dei Giornalisti della
Lombardia