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Legge privacy chat e google
Le
chiacchiere immortali negli archivi di Google
Nella memoria del motore
oltre 650 milioni di messaggi privati e in molti si preoccupano della
propria privacy messa in piazza
di
RICCARDO STAGLIANO'
Adesso
qualcuno chiede di spegnere il registratore. Perché, come per le
chiacchiere da bar, le discussioni in rete erano belle dal momento che
si poteva dire tutto quello che ci passava per la testa, senza paura che
nessuno un giorno ce lo rinfacciasse. Poi è arrivato Deja News, e il
registratore ha cominciato a girare. Dal 29 marzo 1995 ogni parola
scritta, sine cura, su una qualsiasi delle decine di migliaia di
newsgroup della rete è stata debitamente archiviata in sempre più
capienti memorie elettroniche che potevano essere consultate per parole
chiave.
Poi Deja News è diventato Deja Com e si è specializzata sulle
recensioni di prodotti fatte dai consumatori, dimenticando la sua
originaria vocazione archivistica. Non ce l'ha fatta però a passare
indenne dalla tempesta della New Economy iniziata l'anno scorso e, prima
di dichiarare la bancarotta, a febbraio scorso ha venduto le sue cinque
annate digitali al motore di ricerca più in salute del momento: Google.
Seicentocinquanta milioni di messaggi, tracce elettroniche della vita di
un esercito internazionale di persone che credevano di poter parlare in
libertà e adesso possono fare la spiacevole esperienza di ritrovare
online la fedelissima trascrizione dei loro pensieri pronunciati con
noncuranza uno, tre, cinque anni prima. Il registratore ha ricominciato
a funzionare, quindi, e il suo udito è più fine che mai.
La stessa compagnia descrive il suo recente acquisto come
l"'archivio della conversazione umana". "Quando fate
ricerche su Google - dichiara con orgoglio il suo co-fondatore Larry
Page - e come se steste cercando tra l'equivalente di una pila di
documenti cartacei alta quasi 180 chilometri... in mezzo secondo".
Tanta efficienza, evidentemente, non può non avere effetti collaterali:
"Avete più accesso all'informazione ma ciò significa che avete
anche più accesso alle cose brutte che, per ipotesi, si possono trovare
in rete". E l'eventuale svergognamento può riguardare tutti, vip e
comuni mortali.
La differenza sembra essere che, nel caso di violazione di privacy a
danno dei primi, questi possono lamentarsi e - prontamente - far
rimuovere i messaggi che li riguardano. E' successo a Marc Andreessen,
il mitico inventore di Netscape, ad esempio, pescato dal motore di
Google mentre chiedeva, anni orsono, in una newsgroup californiana
consigli su come far convivere armoniosamente il suo bull dog di un anno
con un altro cucciolo che stava per acquistare. Oppure a MacKenzie Bezos,
la moglie del fondatore di Amazon, che cercava anche lei dritte su dove
trovare una buona scuola di addestramento per cani a Seattle. E sin qui
poco di male, solo intercettazioni di inoffensivi frammenti di vita
quotidiana. Ma se invece si fossero scoperti particolari più intimi
sulle esistenze private di signori che avevano soltanto commesso
l'imprudenza di scrivere un messaggino in rete? Se qualcuno, per esempio,
avesse cercato compagnia in un newsgroup dedicata al sesso estemporaneo?
O se un impiegato modello fosse scoperto mentre chiede istruzioni su
come costruire una bomba al tritolo?
Informazioni neutre e compromettenti, in maniera indifferente, sono
catalogate negli 8000 computer che costituiscono la memoria del sistema.
A meno che uno avesse barrato la clausola "X-No Archive: yes"
ben poco visibile all'inizio di ogni messaggio, adesso non ha alcun
diritto a bonificare le memorie digitali dalla sue affermazioni
sovrappensiero. Non tutti i paladini dei diritti civili elettronici
hanno ancora gridato allo scandalo. Deborah Pierce, legale della
"Electronic Frontier Foundation", è conciliante: "Se non
sono un luogo pubblico i newsgroup, allora non so cosa si possa definire
tale", riconoscendo però che quelle affermazioni erano state fatte
"pensando che sarebbero scomparse pochi giorni dopo, e non
sarebbero invece sopravvissute per sempre". Qualcuno potrà essere
giustamente seccato - ha ammesso invece Bruce Koball, storico
organizzatore dei "Computers, Freedom and Privacy Forum" -
quando, a cinque anni da oggi, ritroverà in rete un suo intervento di
un lustro prima, conservato in un media magnetico per un tempo
immemorabile". "Una volta - insiste - erano solo le
organizzazioni governative o la polizia a poter raccogliere informazioni
private sul contro dei cittadini: oggi quei dossier sono creati dagli
stessi spiati, attraverso le loro attività quotidiane". E' la
società dell'informazione, nel bene e nel male, un grande registratore
che tiene nota di ogni conversazione. Volete sapere se c'è qualcosa sul
conto di quella che vorreste diventasse la vostra prossima fidanzata?
Basta digitare nome e cognome, poi invio, e se siete fortunati potrete
apprendere molte cose. Non necessariamente tutte entusiasmanti.
(di
RICCARDO STAGLIANO'
da "La Repubblica" del 13 maggio 2001)
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