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CONTROLLO SUI
LAVORATORI E PRIVACY
Le nuove frontiere del
controllo sui lavoratori
Il Chip RFID
Radio Frequency Identification,
Identificazione a mezzo di frequenze radio
Di Mario Fezzi
Avvocato diritto del lavoro
tratto dal sito
Peacelink/Cybercultura
Un'impresa milanese ha recentemente sostituito i badge in uso ai
dipendenti per accedere in azienda e rilevare gli accessi e le uscite.
Il nuovo badge contiene un microchip, apparentemente invisibile, che
lancia un segnale ogni volta che il possessore del badge si avvicina a
uno dei punti in cui sono installati appositi lettori, distribuiti in
tutta l'area aziendale.
L'impresa è così in grado di sapere in ogni momento della giornata dove
si trova ciascun dipendente, e a fine giornata può ricostruire tutti i
suoi movimenti nell'arco delle otto ore lavorative.
Mentre il vecchio badge doveva essere fatto passare dal dipendente
attraverso un apposito lettore, il nuovo badge munito di questo
microchip consente di segnalare la presenza di chi lo porta con sé anche
a sua insaputa.
In tal modo il controllo del dipendente diviene non solo estremamente
intrusivo, ma anche veramente "globale".
Come si è arrivati a tutto ciò ?
Il sistema in questione è uno sviluppo della tecnologia RFID (Radio
Frequency Identification - Identificazione a mezzo di frequenze radio)
ed è costituito da un chip dotato di antenna (detta TAG o Transponder)
che può essere inserito ovunque, date le dimensioni ridottissime, e che
nel nostro caso è inserito nel badge (simile a una carta di credito), e
da un dispositivo di lettura a radiofrequenza che riceve e decodifica le
informazioni in esso contenute.
Il chip RFID viene attivato da apposite antenne che inviano un'onda
radio al transponder.
Esistono anche sistemi RFID definiti "attivi", di maggiori dimensioni, e
che si distinguono dai precedenti per il fatto di essere muniti di una
microbatteria, che elimina l'uso delle antenne per lanciare l'onda radio
che attiva il chip.
In sostanza la tecnologia RFID si distingue in tecnologia RFID attiva a
campo non delimitato e tecnologia RFID passiva a campo delimitato.
La tecnologia RFID passiva ha il grande vantaggio di non necessitare di
un sistema di alimentazione sul transponder, consentendo così di
renderlo più piccolo, più economico e di maggior durata, non essendo più
legato alla vita della batteria. Lo svantaggio è rappresentato dalla
necessità di disporre di antenne che lancino l'onda radio di
attivazione: la tecnologia attuale infatti consente l'attivazione di
questo tipo solo a distanze relativamente brevi (20 metri).
Solo la tecnologia RFID passiva consente l'inserimento del chip in
oggetti di dimensioni molto ridotte, come appunto un badge o una carta
di credito.
Si puo' dunque dire che la tecnologia RFID attiva consente un controllo
spaziale illimitato, mentre quella passiva consente un controllo
limitato a un certo ambito territoriale.
Un intero palazzo può essere dotato di un sistema di antenne sufficiente
ad attivare ovunque il chip RFID, consentendo quindi di conoscere gli
spostamenti di chiunque all'interno del palazzo. Per il controllo
esterno invece la tecnologia RFID passiva, allo stato, non è
utilizzabile (servirebbero onde radio di tale portata da minacciare la
salute della popolazione).
Per capire meglio la tecnologia di cui stiamo parlando, basterà pensare
ad un normale Telepass utilizzato sulle autostrade; il chip RFID (in
questo caso attivo, in quanto alimentato da batteria) lancia un segnale
radio al lettore posto al casello e consente l'identificazione della
vettura e dei dati del proprietario (1).
Per dare un'idea invece delle applicazioni pratiche di questa tecnologia
basterà ricordare quanto riportato dal Washington Times sullo
svolgimento di un congresso del WSIS (World Summit on the Information
Society) tenutosi a Ginevra nel dicembre 2003; i partecipanti al
congresso, al momento dell'accredito, venivano muniti di un
(apparentemente) comune badge di riconoscimento. Scienziati,
giornalisti, rappresentanti governativi, funzionari sono stati
sistematicamente controllati e schedati nei loro movimenti - nelle
diverse aree delle conferenze- nell'arco dei tre giorni di durata del
congresso, attraverso il microchip RFID inserito nel badge (a loro
insaputa). La notizia è successivamente emersa e alcuni scienziati
inglesi hanno denunciato gli organizzatori per violazione della legge
sulla protezione dei dati personali e della direttiva europea sulla
privacy.
Chiarito dunque di cosa stiamo parlando e cosa si può fare in genere con
la tecnologia RFID vediamo come questa tecnologia possa avere
applicazioni nell'ambito lavorativo italiano, ma soprattutto se una
tecnologia del genere possa essere accettabile sul piano sindacale e
legale.
Come si diceva all'inizio, un badge contenente il chip RFID consente al
datore di lavoro di ricostruire i movimenti di ogni dipendente nell'arco
dell'intera giornata lavorativa. In tal modo sara' possibile sapere
quanto tempo ogni dipendente è rimasto alla propria postazione
lavorativa, quanto tempo è stato in bagno o in mensa o alla macchinetta
del caffè, quali e quanti colleghi di lavoro siano entrati in contatto
con lui, quanto a lungo si sia intrattenuto nei locali sindacali, se
abbia o meno partecipato alle assemblee sindacali, etc.etc.
Oltretutto la cosa potrebbe addirittura avvenire all'insaputa di
lavoratori e sindacato, visto che il microchip può essere inserito in un
semplice badge, apparentemente innocuo, o in qualsiasi altro strumento o
indumento che il dipendente debba portare con sé.
Il controllo di tutti i movimenti di un lavoratore nell'arco della
giornata lavorativa costituisce un'intrusione nella sfera individuale,
anche privata, che appare gravida di conseguenze sullo sviluppo della
vita lavorativa. Difficilmente un datore di lavoro sarà così ingenuo da
irrogare sanzioni disciplinari ad esempio per pause-caffè troppo
frequenti (registrate dal chip RFID); è però ragionevole supporre che i
dati raccolti in tal modo vengano poi utilizzati per scelte aziendali
relative a ciascun dipendente. Tenendo conto che il datore di lavoro
dispone già di numerosissimi dati, attraverso le notizie ufficiali
raccolte su ciascuno, cui debbono aggiungersi i dati che possono essere
raccolti attraverso l'uso dei computer utilizzati dai dipendenti, dai
tabulati telefonici che indicano altri dati potenzialmente "sensibili",
ci si può facilmente rendere conto che la tecnologia RFID è l'atto
conclusivo per la costruzione di un profilo globale e totale del
dipendente.
Senza voler considerare il fatto che quando verrà risolto il problema
tecnico di attivare anche a grande distanza il chip RFDI, senza uso di
onde radio di potenza esagerata e pericolosa, il portare con se' questo
chip consentirà un controllo dell'intera giornata, anche al di fuori del
perimetro aziendale. La pericolosità dunque non è solo di carattere
lavorativo, ma anche sociale.
Sul piano legale non pare possano sussistere dubbi circa l'assoluta
illiceità del chip RFID per uso aziendale di controllo sui dipendenti.
Sia nel caso che il controllo sia occulto, sia che ne venga comunicata
la presenza nel badge o in qualunque altro strumento o indumento
aziendale, il suo utilizzo ricade indiscutibilmente nel divieto di cui
all'art.4 L. 20.5.70, n.300 (Statuto dei Lavoratori), che sancisce il
divieto all'installazione di sistemi di controllo a distanza
dell'attività dei lavoratori. Il chip ricade poi anche nel divieto di
cui all'art.8 della legge (Statuto dei Lavoratori), che vieta al datore
di lavoro ogni indagine sui dipendenti che non sia strettamente
attinente all'attività lavorativa. Per finire non vi è dubbio che
l'applicazione del chip sia vietata anche dalla piu' generale normativa
a tutela della privacy.
La introduzione del chip RFID, poi, può avvenire in azienda in modo
occulto o palese.Nel primo caso, l'unica possibilità di difesa è nel
senso di far esaminare da specialisti, di cui il sindacato dovra'
necessariamente munirsi, tutti gli oggetti che l'impresa chieda al
dipendente di portare con sé (cominciando dai badge).
Nel caso in cui invece l'impresa, per superare il vincolo di cui
all'art.4 S.L., chieda alle RSU (o RSA) di stipulare un accordo per
l'utilizzo del sistema RFID, sostenendone la necessità per fini di
sicurezza e di tutela del patrimonio aziendale, la risposta sindacale
non puo' essere che di radicale e intransigente rifiuto.
La pericolosità insita nel sistema di controlli che la tecnologia RFID
consente è talmente penetrante e intrusiva che non puo' in alcun modo
essere patteggiata e autorizzata, anche a fronte di garanzie (per lo più
solo apparenti) sul trattamento successivo dei dati così raccolti.
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