Legge
sulla privacy, Confidustria sollecita l’uso del silenzio-assenso
di
Antonello Cherchi
La
privacy ingessa le imprese.
I
mille adempimenti previsti dalla legge 675/96 riducono la competitività
delle aziende, alle prese con moduli da compilare, informative da
spedire, consensi da raccogliere. Se è vero che il diritto alla
riservatezza è sacrosanto, si deve però cercare, a ormai quasi due
anni dall’entrata in vigore della normativa sulla privacy, di
snellire gli adempimenti.
Anche
perché, ha sottolineato Innocenzo Cipolletta aprendo ieri un forum
dedicato dalla Confindustria alla riforma della legge 675/96, gli
adempimenti generano un eccesso di costi e di organizzazione. Il
direttore generale di via dell’Astronomia ha fornito i primi spunti
per una revisione della normativa – maggiori esenzioni per le persone
giuridiche, un sistema del consenso basato sul silenzio assenso ("è
stato proposto per la donazione degli organi – ha affermato Cipoletta
– perché non si può accettarlo per la privacy?") –, spunti
che sono stati sviluppati negli interventi di Sergio Magrini,
dell’università di Roma, e di Antonio Vallebona, professore a
Trieste.
I
due docenti universitari sono entrati nel dettaglio delle proposte di
riforma formalizzate dalla Confindustria e che riguardano soprattutto il
meccanismo dell’informativa all’interessato al momento della
raccolta dei dati personali e della richiesta del consenso per il
trattamento degli stessi. In particolare, sul primo versante gli
imprenditori propongono la possibilità di un’informativa "impersonale",
che vada ad aggiungersi a quella orale e scritta già prevista dalla
legge. I cittadini potrebbero, in altri termini, essere informati circa
il destino dei loro dati anche attraverso cartelli, affissioni,
depliants o inserzioni sui giornali.
Riguardo
al consenso, invece, Confindustria avanza, tra le altre proposte di
modifica, quella di una forma di autorizzazione tacita (e non solo
"espressa", come invece prevede la legge), purché non siano
in ballo informazioni sensibili e dal comportamento di chi fornisce i
dati sia inequivocabilmente desumibile l’assenso al trattamento. Allo
stesso modo, si dovrebbe evitare di chiedere il consenso quando è lo
stesso interessato a mettere volontariamente a disposizione le
informazioni personali (si pensi, per esempio, a chi spedisce un
curriculum professionale).
"Il
vero destinatario delle proposte della Confindustria – ha risposto
Stefano Rodotà, presidente del Garante della privacy – è il
Parlamento. Con questo non voglio esimermi dal fornire alcune
indicazioni, perché la legge conferisce all’Autorità anche il potere
di suggerire al legislatore eventuali modifiche". Così, per quanto
riguarda l’esenzione delle persone giuridiche, Rodotà ha affermato
che nella legge ci sono una serie di norme che rendono meno gravosi gli
adempimenti per quei soggetti. Disponibilità anche sul versante
dell’informativa impersonale (le banche lo fanno, ha spiegato il
presidente dell’Authority), anche se non ci si può limitare solo a
quella. Meno praticabile, invece, la strada del consenso implicito:
"sia la legge che la direttiva – ha precisato Rodotà –
parlano di consenso espresso. Tuttavia, stiamo riflettendo sul
problema e per alcune situazioni (richieste di risarcimento assicurativo,
contratti a favore di terzi) si può ipotizzare una soluzione anche in
via interpretativa".
(da
Il Sole-24 Ore di 10 Marzo 1999)
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